Movimento Italiano, come stiamo?

Diciamolo subito, abbiamo vissuto epoche migliori, ma tutto sommato dal punto di vista dei risultati non siamo messi malaccio, il Tour di Nibali ne è la prova tangibile. Proviamo a capire cosa effettivamente esiste dietro il “paravento” del grande risultato conquistato dal Siciliano. Partiamo dal vertice, ci ritroviamo con un ciclismo professionistico che toccherà nel 2015 il minimo storico, infatti solo un Team fa parte dell’elitè mondiale, la Lampre Merida, considerata Italiana ma che ha licenza Svizzera, il capitano portoghese, Rui Costa, e capitali che in gran parte vengono dall’Oriente. Da anni il riferimento del Team gestito da Giuseppe Saronni è la famiglia Galbusera, da sempre impegnata nel ciclismo, anche giovanile, verso la quale il movimento avrà sempre un debito di riconoscenza per il ruolo fondamentale che svolge. Da tempo si notavano i segnali del decadimento in ambito professionistico, ma poco o nulla è stato fatto per tentare di invertire la rotta. Varie le ragioni, crisi economica, ripercussioni negative a causa dei tanti scandali doping, mancanza di condizioni per stimolare investimenti, carenza di progetti  seri e credibili.

Se accendiamo i riflettori sul movimento giovanile, ci si accorge che la situazione non è migliore rispetto al vertice. Si continua a gestire come 30 anni fa, il mondo nel frattempo ha cambiato decisamente passo e noi siamo ancora fermi a discutere se adeguarsi o no. A parole tutti concordi sulla necessità di fare un salto di qualità che ci aiuti a valorizzare i nostri talenti, nella realtà continuiamo a dissiparne a decine.

Tra gli organizzatori non stiamo certamente meglio, manifestazioni sparite, altre che sono in procinto a breve, altre che arrancano tra mille difficoltà. Apparentemente solo il Giro d’Italia gode di buona salute e genera ricavi, che spesso servono per coprire le perdite delle altre manifestazioni gestite RCS.  Se non bastasse la crisi economica, aggiungiamoci l’inasprimento delle normative e l’aumentare dei costi ed abbiamo un quadro decisamente depresso, con un calendario professionistico e minore sempre meno ricco. E stiamo parlando solo della strada, evito opportunamente di addentrarmi  nei problemi ormai cronici in cui versano tutte le altre discipline, crono, pista, mtb, bmx, ciclocross, settori che resistono grazie all’impegno e la volontà di tecnici costretti a lavorare con pochi mezzi e tra lo scetticismo generale delle società, che causano problemi di reclutamento, e su sporadiche prestazioni spesso enfatizzate oltre il loro reale valore.

Il quadro è triste, inutile nasconderselo. Prendere consapevolezza dei problemi è il primo passo per provare a risolverli, spesso ho la sensazione che si eviti invece di riconoscerli, un po’ d’umiltà in questo frangente storico non farebbe male. Mi reputo un inguaribile ottimista, credo pertanto che il ciclismo italiano saprà risollevarsi, auspicando un veloce cambio di marcia. A livello dirigenziale è più che mai necessario il coinvolgimento di uomini e donne svincolati dalle logiche attuali che hanno di fatto ingessato l’intero movimento, impedendo il rinnovamento. Uomini e donne capaci di attuare riforme serie focalizzate al miglioramento del movimento e non continuare a tutelare gli interessi dei soliti noti. Necessario stimolare le piccole realtà locali, le società di paese, dando loro strumenti efficaci al reclutamento dei giovani, stimolare le amministrazioni pubbliche affinché realizzino spazi attrezzati per mtb e bmx, discipline accattivanti per i più giovani. Sogno un piano nazionale d’investimenti dal titolo “Un impianto polivalente in ogni provincia d’Italia”. Velodromo, pista bmx, percorso fuoristrada e spazi attrezzati. Un piano del genere farebbe un gran bene non solo al ciclismo, ma anche e soprattutto alla intera società civile. Prima si parte per un piano di rinnovamento che inizi dal basso, prima ritorneremo ad occupare il posto che ci compete nel movimento globale. Io sono ottimista.

Silvio Martinello

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